PATENT BOX: LO STRUMENTO GIUSTO PER AIUTARE L’INNOVAZIONE ITALIANA

Il sistema produttivo italiano, che pure vanta aziende di rilievo europeo ed internazionale (Leonardo, ENI, Fincantieri ecc.), è di fatto basato su una miriade di piccole e medie imprese, ben organizzate e molto competitive, che fanno ricerca mentre creano impresa.

Queste ultime, chiamate spesso dagli addetti ai lavori “multinazionali tascabili”, sono PMI capillarmente diffuse su tutto il territorio nazionale, profondamente radicate e con una forte propulsione innovativa, che le porta spesso a competere con concorrenti anche internazionali. La loro forza risiede non solo nel prodotto di qualità, core dell’azienda, ma nell’abilità ad individuare velocemente soluzioni innovative per posizionarsi con successo sui mercati target di riferimento.

Se ciò fotografa lo stato dell’arte dell’imprenditoria italiana, il patent box ha rappresentato, fin dal suo esordio, lo strumento ideale per fornire il giusto supporto a questa tipologia di medie e piccole imprese, che investe in ricerca e sviluppo ma soprattutto ha l’abilità di portare a valore il proprio know how dal quale crea ricchezza.

Fino al 2021, grazie alla legge 190/2014 istitutiva del cosiddetto regime del patent box, alle aziende che investivano in innovazione e che inserivano nel proprio patrimonio determinati beni intangibili (es. software copyright, brevetti, invenzioni ecc.) era consentito godere di un significativo vantaggio fiscale, calcolato sugli utili realizzati grazie agli intagible assets. Ma col decreto legge 146/2021, che all’art. 6 introduce la “semplificazione della disciplina del patent box” in realtà ci troviamo di fronte all’abrogazione del regime del patent box e non alla sua semplificazione. Infatti, quando nel comma 5 leggiamo “…per maggiorazione del 110% si intende la percentuale da applicare alle SPESE sostenute per lo sviluppo, l’accrescimento, il mantenimento, la protezione e lo sfruttamento dei beni materiali agevolabili ai fini della determinazione della variazione in diminuzione del reddito imponibile e del valore della produzione netta”, notiamo che  il focus passa dagli utili ai costi. Ciò significa che l’innovazione non è più valutata in base ai risultati effettivamente ottenuti, bensì in relazione agli investimenti (SPESE) effettuati. In questo modo, è del tutto evidente che il nuovo patent box si trasforma e diventa una misura agevolante per le grandi imprese, che stanziano a bilancio ingenti capitali da investire nel settore R&D, a discapito delle PMI Innovative che potevano godere di una tassazione agevolata sugli utili maturati, frutto della ricerca.

Il nuovo decreto legge, dunque, penalizza il tessuto produttivo italiano, già prostrato da una pesante tassazione, dalla scarsità di strumenti infrastrutturali e dall’ingombrante burocrazia del nostro Paese. Alla luce di tutto ciò, quale potrebbe essere una efficace proposta da presentare al Governo? Quale la miglior soluzione? Il Sistema delle Imprese potrebbe predisporre e condividere un documento emendativo nel quale affiancare la prima versione del patent box, migliorata negli aspetti operativi e di applicabilità, e la nuova versione armonizzata con gli incentivi già previsti a sostegno degli investimenti effettuati per Ricerca e Sviluppo. In questo modo, le aziende potrebbero avvalersi di due strumenti di tassazione agevolata, diversi e complementari, utili per incrementare la ricerca e premiare gli utili di fatturato.



Cristina Biasizzo
Operations Manager & External Relations – Bio4Dreams








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